È inutile nasconderlo: questi ultimi anni sono stati anni duri, soprattutto per chi ama e vive la musica; quando ho saputo che George Thorogood sarebbe venuto in Italia ho pensato: eccolo, è questo il momento perfetto.
Io per primo, chiuso in casa, sentivo il bisogno di un concerto, uno bello… che fosse indimenticabile e scagliasse via dalla testa quella sensazione di belva rinchiusa in una gabbia fin troppo piccola. Volevo sentire le vibrazioni della chitarra fin dentro le ossa, ballare, sudare e vivere un live a pieni polmoni. E questo è quello che è successo a Chiari sabato 16 luglio 2022.
Andiamo con ordine, ricostruiamo insieme il momento. Cercherò in maniera imperfetta di ripresentare in questo articolo le emozioni e le sensazioni impresse nella mia mente e nel cuore. Chiari era inondata da un sole inclemente, fiero e minaccioso, deciso a mettere in ginocchio band e ascoltatori senza che la promessa di un refolo di vento o un accenno di pioggia venisse a mitigare la sensazione afosa, quando è iniziata la seconda serata del Chiari Blues Festival.
Arrivato ormai alla quinta edizione è già una sicurezza per tutti coloro che amano il blues e il rock. Eh sì, perché a differenza di eventi ben più blasonati, gli organizzatori a Chiari puntano su date ristrette e star selezionate riuscendo così a fornire alla platea di appassionati e intenditori pochi artisti ma buoni.
Per chi non lo sapesse, Thorogood affonda le radici della propria musica nel talkin‘ blues con evidenti riferimenti nello stile a John Lee Hooker e negli anni è riuscito a guadagnarsi un posto di tutto rispetto nell’Olimpo della musica rock blues collezionando 6 dischi d’oro, 2 dischi di platino e ben oltre 15 milioni di copie vendute in tutto il globo.

L’evento a Chiari inizia con i The Scotch, band bresciana che sa stare sul palco. Unendo blues e rock con un pizzico di sano intrattenimento, fanno divertire chi già dalle prime ore del pomeriggio ha deciso di godersi l’evento. Il caldo non li spaventa e il pubblico dapprima sonnacchioso e indisciplinato si fa via via più partecipativo e interessato; l’energia della band scende dal palco, serpeggia tra gli appassionati e preannuncia che questa sarà davvero una grande serata.
I The Scotch alternano cover, assoli di chitarra e brani originali riuscendo a trasmettere la gioia che i membri hanno di star suonando sullo stesso stage di una leggenda vivente come George Thorogood and The Destroyers.
Quando escono di scena il loro posto è occupato da Maurizio Pirovano, un cantautore con il “coraggio” di citare Sant’Agostino come ispirazione dei suoi brani laddove tutti si aspettano il rude e minaccioso blues. Eppure, questo non dovrebbe sorprendere più di tanto: il blues affonda le proprie radici nel dualismo tra bene e male; il diavolo e la salvezza sono sempre stati temi molto forti, soprattutto alle origini.

Infine, a calcare lo stage principale prima della star arriva Tino Cappelletti con la Kappelman Band. Questo esperto bluesman porta sul volto i segni di una vita passata nel segno del rock’n’blues ma ha mestiere e molte cose da dire con le proprie dita sulla chitarra. Il tocco sicuro, con una leggera ruvidezza intrattiene e non stufa ma anzi ci prepara tutti al grande evento della serata! Cappelletti dialoga con il pubblico, scatta foto e suona ottimo blues rock e ci sa davvero fare, anche se sono gli assoli di chitarra di Claudio Bazzarri a lasciare il segno nel sottoscritto.

L’esibizione si conclude con una session straordinaria e trascinante, sul palco sale Fabrizio Poggi che con la sua armonica incanta tutti facendoci capire che in Italia dovremmo sicuramente valorizzare di più queste colonne portanti. Fiato, istrionismo, capacità di salire di livello suono dopo suono hanno fatto di questo armonicista un punto di riferimento del blues italiano nel mondo dandogli modo di vincere prestigiosissimi premi. Sul palco del Chiari Blues Festival la sua armonica dialoga con la chitarra, con il piano Hammond e con il pubblico lasciando che l’ultima canzone prima del main stage sia esplosiva quel tanto che basta da lasciare tutti con il fiato sospeso prima del gran salto.
Mancano ormai pochi minuti, il sole che scende e la sera che si accende bastano a lasciare al pubblico il tempo di riprendersi e agli ultimi ritardatari di prendere posto e poi ecco che sul palco arriva finalmente George Thorogood and The Destroyers. L’attesa e il caldo vengono spazzate via in un momento, la star sul palco nonostante i suoi 72 anni è capace di coinvolgere tutti.
Come solo i grandi artisti sanno fare, Thorogood catalizza l’attenzione, un piccolo gesto e siamo completamente suoi. Lui lo sa, lo capisce subito e il feeling cresce: si diverte e fa divertire noi. Di mestiere e di voglia ci dimostra che non vi è nulla di male nell’essere cattivi e che il rock blues ruvido e sporco ha un fascino tutto suo. Si può tentare di negarlo, è vero, di resistergli, ma ti avrà. E senza che tu possa accorgertene ti ritroverai a muoverti a tempo di musica.
Senza remore alcune accolgo la musica e in una spirale travolgente lascio che un susseguirsi di hit favolose gratti via dalla superficie quel poco di ruggine accumulata in questi anni: la old school è la migliore per lavare via gli acciacchi di una vita caotica.
Fin da subito la band decide di mettere le cose in chiaro: in questa serata si fanno le cose in grande! George Thorogood è davvero uno degli ultimi veri ribelli on the road, con una chitarra slide, qualche mossa di bacino e tanto istrionismo crea un’atmosfera magica accompagnato da una band di tutto rispetto a cui lascia il dovuto spazio.
Jeff Simon dietro le pelli sembra instancabile, è il cuore della band, detta il ritmo e non si può far altro che apprezzarne la pulizia ritmica. Jim Suhler, sembra uscito diretto dal set del film Paris, Texas di Wim Wenders, ma per lui parla la chitarra e non ve n’è per nessuno, mentre Buddy Leach al sax è inconfondibile.

George manca da 41 anni dall’Italia e viene subito da chiedersi come sia stato possibile, come mai nessuno abbia avuto la volontà di puntare su un artista che poteva contare nel suo arsenale frecce come: Bad To The Bone, I Drink Alone e One Bourbon One Scotch One Beer.
Nessuna promessa questa sera sarà disattesa perché George Thorogood è nato per essere cattivo e ce lo dimostra in ogni modo: flirta con le giovani biondine in prima fila, dialoga con il pubblico e mostra a chiunque di noi che con voglia di divertirsi, mestiere e ruvida caparbietà si possono tenere incollati gli occhi e il cuore di migliaia di persone per un’ora e mezza senza nessun problema. Canzoni come Who Do You Love?, Get A Haircut si susseguono senza sosta, non lasciano scampo all’ascoltatore che non può fare altro che arrendersi al muro di suono.
Splendido il momento in cui parte l’hit che tutti stavamo aspettando Bad To The Bone è un successo, Buddy Leach duetta con Thorogood, si prende il palco e poi scivola via nelle retrovie come solo uno strepitoso virtuoso sa fare e la chitarra slide parla, compie la sua magia e ci narra di vecchie notti gloriose, di whisky e vita vissuta fino in fondo perché, come ci tiene a ricordare lo stesso artista a una giovane ragazza in prima fila “life is too short to be shy”.
Il cantante conosce tutti i trucchi del mestiere, ha troppi assi nella manica perché si possa resistergli e così suona, fa mostra di sé, delle sue tecniche slide, chiacchiera con il pubblico e porta la serata al trionfo.
Pezzi leggendari si susseguono veloci come proiettili di una mitragliatrice finché giovani e vecchi attempati rocker non finiscono per cantare le stesse note. Le emozioni salgono dalla linfa vitale del Mississippi pure come solo ad un concerto rock ‘n’ roll di primo livello può succedere e sanciscono un ritorno trionfale sul suolo italiano di uno showman eccezionale.
E allora, quando è ora di lasciare il posto sotto al palco, lo si fa con una certa mestizia, sicuri di volerne di più e con la speranza che musicisti come George Thorogood and The Destroyers che vivono la musica in un modo completamente differenti dalle giovani leve riportino un po’ di old school sui palchi italiani.
Set List
- Rock Party
- Who do You Love?
- Shot Down
- Night Time
- I Drink Alone
- One Bourbon, One Scotch, One Beer
- Gear Jammer
- Get a Haircut
- Bad To The Bone
- Tequila
- Move It Over
- Born To Be Bad
Se questo articolo ti è piaciuto, se hai letto fino in fondo il mio live report e ti sei emozionato con me puoi permettermi di continuare a raccontare storie di musica live con un contributo PayPal.